Gaetano Samuel Artale è un ingegnere meccanico industriale, ha 79 anni e vive in Italia da oltre quarant'anni. E' nato a Rostock, nella Germania del nord, da una famiglia ebrea prussiana ed è stato deportato all'età di otto anni nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz Birkenau il 13 aprile del 1944, insieme a mamma, papà, sorella, nonno e zia. Nessuno dei suoi familiari è sopravvissuto. “Sui campi si moriva per un sì o per un no, perchè si camminava svelti o si camminava piano, si moriva perchè si voltava il capo a destra o a sinistra. Ogni pretesto era valido per essere bastonati, picchiati o uccisi”. Artale è stato selezionato per far parte dei sonderkommando, gruppi di deportati per la maggior parte di origine ebraica, obbligati a collaborare con le autorità nazionalsocialiste all'interno dei campi. “Ai selezionati spettava il più terribile dei compiti, io ad esempio dovevo infilare le mie dita affusolate nell'ano dei cadaveri a cercare i gioielli nascosti e con le pinze estrarre i denti d'oro nei cadaveri mollicci, caldi, sporchi e alcuni non completamente senza vita i quali reagivano a quello che gli veniva fatto. Cercavo di non commettere errori per non essere bastonato o ucciso e nello stesso tempo cresceva in me un odio e una rabbia spaventosa. Dovevo sopravvivere perchè dovevo vendicarmi a qualsiasi costo. E' stato l'odio a tenermi in vita”.
Una volta liberato, Artale è finito in un orfanotrofio negli Stati Uniti. I sentimenti di rabbia, odio e rancore non svanivano. Poi, d'un tratto, la salvezza. All'età di 22 anni ha conosciuto l'amore, la donna che ha sposato e il suo grande amore gli ha fatto dimenticare tutto l'odio, gli ha ridato la vita, anche se Auschwitz purtroppo non è ancora uscito dalla sua mente.